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il'inquisizione

il cavaliere

INQUISIZIONE
STREGHE TORTURE

Non ci si può sottrarre , narrando del periodo medievale, di parlare di un capitolo “oscuro” che ha visto la messa a morte  e tortura, di moltissime persone in tutta Europa. Parliamo qui dell’Inquisizione, utilizzata  dalla Chiesa Cattolica come forma sistematica per la eliminazione fisica dei dissidenti.
Qui vorremmo trattare l’argomento come semplice esposizione dei fatti che siamo riusciti a raccogliere grazie alla testimonianza di studiosi della materia ed a materiali rinvenuti. Va detto che la Santa Inquisizione ebbe forma legale appoggiata anche da Governi locali e che la tortura dei prigionieri, veniva praticata sin dall’antichità ed era ammessa dalla legislazione dell’epoca. Poi va anche rilevato come le fonti sull’argomento siano scarse in proporzione allo sviluppo del fenomeno. Questo dovuto anche al fatto che molti palazzi dell’Inquisizione furono assaltati dalla gente e dati alle fiamme con tutto il loro contenuto di archivi. Il tempo e l’incuria hanno fatto la loro parte e Napoleone stesso, venuto in Italia, portò a Parigi gli Atti del Sant Uffizio Romano.
Ma lo scopo qui non è quello di voler rievocare in un macabro carosello storico fatti e misfatti di una potente Istituzione, ma quello di far in modo di non dimenticare che, anche oggi, in varie parti del mondo, vivono e prosperano regimi che adottano medesima strategia. Per non dimenticare e far in modo che non vi debbano più essere persone impedite ad esprimere liberamente il proprio pensiero.

Le premesse dell'Inquisizione

La Chiesa, fin dalle origini, si è prefissata l'obiettivo della definizione e della difesa dell'ortodossia, indicando pertanto alla comunità dei fedeli quali posizioni dottrinarie siano ortodosse e quali no, eventualmente allontanando chi continua a sostenere posizioni eterodosse (anche con la scomunica). A un certo punto della storia è subentrata una modalità diversa di difesa della fede, che è quella definita col termine specifico di Inquisizione.

La Chiesa primitiva



Falcetto: Simbolo della prima forma di stregoneria:
Masche che raccoglievano erbe medicinali o per pozioni d'amore nei boschi.

Gli Atti degli apostoli (cap. 15) contengono il racconto di un'assemblea in cui la comunità cristiana primitiva fu chiamata a decidere su una questione di fede: se chiedere ai pagani convertiti la circoncisione.
Pochi anni dopo, nella lettera a Tito, Paolo di Tarso suggeriva:

«Allontana da te, dopo un primo e un secondo ammonimento,
chiunque provochi scissioni [cioè sia portatore di eresie]»


Di fronte agli eretici dunque, nessuna violenza: la Chiesa poteva, al massimo, comminare la scomunica. Questa posizione paolina sarà fatta propria dalla Chiesa e reggerà nei successivi dodici secoli.





Graffiti dei prigionieri dell'Inquisizione nel palazzo istituzionale di Palermo

Già l'imperatore Costantino era intervenuto negli affari della Chiesa esiliando con un proprio decreto i vescovi dichiarati eretici dal Concilio di Nicea.
Questa situazione ebbe un ulteriore sviluppo nel 380 quando l'imperatore Teodosio, con l'editto di Tessalonica, trasformò l'impero romano in uno stato confessionale, prevedendo pene per chi non professava la religione degli apostoli. Negli anni immediatamente successivi altri editti imperiali aumentarono le pene a carico degli eretici, fino ad arrivare alla pena di morte.
Tuttavia, se l'impero interveniva con proprie leggi punendo il dissenso, la posizione della Chiesa rimaneva quella paolina. Quando, nel 415, il vescovo spagnolo Priscilliano fu processato per eresia e ucciso su ordine dell'imperatore Massimiano, un coro di proteste si levò in tutto l'impero (Ambrogio, Agostino, Giovanni Crisostomo) e Massimiano fu costretto ad abdicare.


L'Alto Medioevo



Pubblica esecuzione

Non risulta che nel corso di questo periodo ci siano state persecuzioni a carattere ideologico. Alcuni storici, prendendo spunto da questo fatto, hanno sostenuto che, in fondo, l'atteggiamento del potere politico nei confronti delle eresie fu sempre uguale, sia durante l'impero romano che nel Medioevo: occuparsene poco o niente fin quando il dissenso ideologico non si trasformava in dissenso politico.
Nei primi dieci secoli dell'era cristiana si era dunque stabilizzata una distinzione dei ruoli fra giurisdizione ecclesiastica (la Chiesa attraverso i suoi vescovi definiva l'ortodossia, giudicava gli eretici e poteva comminare pene di tipo spirituale fino alla scomunica) e giurisdizione civile (che giudicava gli eretici in quanto ritenuti nemici dello Stato e comminava pene corporali, fino alla morte).


Le città e la borghesia



Stanza degli interrogatori


Dopo secoli di sostanziale compattezza, sul finire del XII secolo la Cristianità fu attraversata dai segnali di un profondo cambiamento. L'Alto Medioevo era finito; le città, i grandi centri della vita dell'Impero romano, riprendevano a popolarsi e a divenire snodi fondamentali per l'economia e la visione del mondo (nelle città del Basso Medioevo nacquero infatti le prime Università). I tradizionali centri di potere cominciarono a sentirsi minacciati.
Per centinaia di anni la vita dell'uomo si era svolta nelle campagne e la società si era data una struttura ben precisa costituita da tre ordini ben distinti: sacerdoti, combattenti, lavoratori manuali (oratores, bellatores, laboratores). Adesso, invece, la tradizionale organizzazione del tempo, del lavoro entrava in crisi, il centro della vita si spostava e i rapporti di potere tradizionali erano compromessi da una classe emergente: la borghesia.
Non fu un caso se le prime eresie, contro cui si scateneranno le persecuzioni politico-religiose, furono tutte eresie cittadine.


Valdesi e Catari



Papa Innocenzo III. Crociata contro gli Albigesi (Catari)

Nel 1173, ad es., Pietro Valdo, un ricco mercante da cui ebbe origine il movimento dei Valdesi aveva cominciato la sua attività di predicatore in un piccolo centro urbano come Lione.
Egli affermava la perfetta uguaglianza di tutti gli uomini davanti a Dio e quindi, implicitamente, metteva in crisi sia l'ordine politico (il feudalesimo), sia quello ecclesiastico (nel Basso Medioevo la Chiesa di Roma, in conflitto con l'Impero, si era configurata come una vera e propria monarchia).
La predicazione di Valdo ebbe un successo straordinario. Comunità valdesi nacquero presto in Germania, Spagna, Provenza, Italia.

Anche i Catari ebbero una notevole diffusione. Nati in Francia meridionale si diffusero rapidamente nelle aree limitrofe: Fiandre e Lombardia. Più radicali dei Valdesi, i Catari non credevano nell'incarnazione di Cristo e rifiutavano i sacramenti, alcuni di loro condannavano il matrimonio, la proprietà privata e la guerra (erano pacifisti in una società fortemente militarizzata).
 

Al di là delle differenze sul piano dottrinale, questi movimenti erano accomunati da un identico tentativo di vivere in comunità animate da uno spirito di autentica fratellanza che (come più tardi Lutero) credevano di rintracciare nel Cristianesimo delle origini. Ma, insieme con lo spirito egualitario, anzi inevitabilmente con esso, si ponevano in aperto contrasto con la rigida (e gerarchica) struttura sociale che la società medievale si era data.

Le prime persecuzioni degli eretici

Facendo leva, da un lato, sul carattere sovversivo di questi movimenti, e, dall'altro, sulla loro capacità di distogliere dalla «vera fede», il potere politico e quello religioso, nel 1208, scatenarono una vera e propria crociata. Catari e Valdesi furono perseguitati in tutta Europa, giustiziati in maniera sommaria, ed i loro beni confiscati.
Dopo questa esperienza la Chiesa cattolica capì che il fenomeno dei movimenti ereticali non poteva essere affrontato in maniera sporadica ma richiedeva un approccio di tipo sistematico: fu in questo quadro che prese forma l'idea di una speciale giurisdizione che si occupasse specificamente del problema.


Nascita dell'Inquisizione

Le prime misure inquisitoriali erano state approvate nel 1179 dal Concilio Lateranense III. Fra esse, in particolare, il dettato del canone 27 legittimava la scomunica e l'avvio di crociate contro gli eretici. Il procedimento inquisitorio fu formalizzato nella giurisdizione ecclesiastica da papa Lucio III nel 1184 con il decreto Ad abolendam, che stabilì il principio - sconosciuto al diritto romano - che si potesse formulare un'accusa di eresia contro qualcuno e iniziare un processo a suo carico, anche in assenza di testimoni attendibili. La condanna di ogni devianza - teologica, morale o di costume - dal canone religioso dominante venne poi ribadita nel 1215 dal Concilio Lateranense IV che dava vita all'istituzione di «procedure d'ufficio». Si poteva, cioè, instaurare un processo sulla base di semplici sospetti o delazioni. Non solo: chiunque fosse venuto a conoscenza di una possibile eresia doveva immediatamente denunciare il fatto al più vicino tribunale dell'Inquisizione, altrimenti sarebbe stato considerato corresponsabile.
Il termine "inquisizione", tuttavia, si trova documentato per la prima volta negli atti del Concilio di Tolosa tenutosi in Francia nel 1229.

Per rispondere al dilagare di fenomeni ereticali e all'emorragia di fedeli la Chiesa cattolica rispose in due modi:
• appoggiandosi ai movimenti che pur richiamando a un più autentico cristianesimo non si staccavano da Roma e cioè domenicani e francescani;
• istituendo uno speciale tribunale ecclesiastico che avesse il compito di individuare gli eretici e di ricondurli alla «vera» fede: l'Inquisizione.
 

Storiografia dell'Inquisizione



Immagine autocelebrativa dell´inquisizione,
in cui (con falso storico) si ritrae San Domenico di Guzman come capo dell´Inquisizione spagnola
(Dipinto di Pedro Berruguete, 1475).

Nella storia di questo istituto gli storici distinguono tre fasi:

 l'Inquisizione medievale (dal 1179 o 1184 fino alla metà del XIV secolo): di questa inquisizione era responsabile il papa che nominava direttamente gli inquisitori.

 l'Inquisizione spagnola (1478-1820) e l'Inquisizione portoghese (1536-1821): in questo caso gli inquisitori venivano nominati dai rispettivi sovrani.

• 
l'Inquisizione romana (o Sant'Uffizio): fondata nel 1542 e a tutt'oggi esistente (l'attuale Congregazione per la dottrina della fede) rappresentò, secondo gli storici, una novità dato che durante il Medioevo il papa definiva semplicemente l'indirizzo politico generale e il quadro giuridico di riferimento, mentre adesso a Roma veniva creato un tribunale permanente direttamente presieduto dallo stesso pontefice.
 
Studi recenti hanno rilevato come alcuni processi che in passato venivano ascritti all'operato dell'Inquisizione tout court (ad es. i processi della cosiddetta caccia alle streghe) furono in realtà celebrati anche da tribunali nati a seguito della riforma di Lutero, tanto che vi è chi parla di una

Inquisizione protestante.

Negli ultimi due decenni alcuni studiosi hanno sostenuto l'esistenza di una Leggenda nera dell'Inquisizione o più semplicemente "Leggenda nera". Essi affermano che l'idea di Inquisizione oggi diffusa nell'immaginario collettivo non trovi riscontro nella documentazione storica e sia stata inventata ad arte dalla stampa protestante a partire dal XVI secolo.


L'Inquisizione medievale

L'Inquisizione medievale ha origine con la nascita stessa dell'inquisizione e, come si è visto, si fa ufficialmente cominciare nel 1179 o 1184.

Nel 1179 il Concilio Lateranense III aveva stabilito il principio che le leggi dei principi e le punizioni corporali in esse previste potevano servire da deterrente nell'opera di riconversione alla fede cattolica. Cinque anni dopo, nel decreto Ad abolendam, papa Lucio III affermava: 

«Alle precedenti disposizioni [...] aggiungiamo che ciascun arcivescovo o vescovo, da solo o attraverso un arcidiacono o altre persone oneste e idonee, una o due volte l'anno, ispezioni le parrocchie nelle quali si sospetta che abitino eretici; e lì obblighi tre o più persone di buona fama, o, se sia necessario, tutta la comunità a che, dietro giuramento, indichino al vescovo o all'arcidiacono se conoscano lì degli eretici, o qualcuno che celebri riunioni segrete o si isoli dalla vita, dai costumi o dal modo comune dei fedeli.»


In questi due provvedimenti gli storici (in questo caso concordi) vedono una svolta storica. Se fino a quel momento, infatti, la Chiesa si era limitata a definire quali proposizioni teologiche fossero eretiche e, al massimo, procedere alla scomunica, adesso si faceva carico ai vescovi di ricercare (inquisire appunto) esplicitamente gli eretici e processarli. In secondo luogo, se fino a quel momento la Chiesa era stata fortemente critica nei confronti delle punizioni corporali (la fede doveva essere persuasa non costretta), ora, invece, si auspicava che le legislazioni civili prevedessero pene per gli eretici e addirittura, il canone 27, già citato, chiedeva una vera e propria

Crociata contro i Catari.

Nel 1209 si scatenò una vera e propria persecuzione nel sud della Francia contro l'eresia catara (crociata contro gli Albigesi). Pare che in un solo anno furono uccise 20.000 persone e che lo stesso papa Innocenzo III, che in un primo momento aveva legittimato la crociata, abbia poi cercato di sedare gli eventi senza peraltro riuscirci.

Nel 1231 papa Gregorio IX, con la bolla Excommunicamus, affidò il compito dell'Inquisizione a dei giudici nominati e inviati da lui stesso che avevano, tra l'altro, il potere di deporre il vescovo qualora riscontrassero inefficienze nel suo operato. Il ruolo di giudice inquisitore così sottratto ai vescovi fu affidato, in un primo momento, a monaci cistercensi e poi a frati domenicani e francescani. Rivestì, ad ogni modo, un ruolo primario l'intervento imperiale (soprattutto con Federico II): l'eresia fu considerata reato di lesa maestà, in quanto sulla religione cattolica si fondava l'impero.
La predominante scelta a favore dell'Ordine dei domenicani, da poco fondato dallo spagnolo Domenico di Guzmán, era dovuta sia alla loro preparazione teologica (domenicano fu, ad es., Tommaso d'Aquino, il maggiore esponente della filosofia medievale), sia perché l'ordine domenicano da subito aveva avuto una dimensione europea; i frati domenicani, inoltre, a differenza dei vecchi ordini monastici, agivano soprattutto nelle città, dove i predicatori eretici svolgevano la loro opera.
La bolla Ad extirpanda, emessa il 15 maggio 1252 ad opera di papa Innocenzo IV, diede per la prima volta all'inquisitore la possibilità di avvalersi di un vero e proprio corpo di polizia e con la sua promulgazione lasciò all'inquisitore libera competenza e territorialità, nonché la scelta degli strumenti a disposizione per estorcere la confessione eretica, fra cui la tortura.
L'esperienza dell'inquisizione medievale si concluse intorno alla metà del Trecento.


Ambito di operatività

L'Inquisizione medievale operò soprattutto nel sud della Francia e nel nord Italia, cioè nelle due aree dov'erano maggiormente presenti Catari e Valdesi. In Spagna fu presente nel regno di Aragona, ma non nel regno di Castiglia. Nel resto d'Europa non sembra abbia avuto una particolare incisività, anche se si estese alla Germania, dove sarà fatta propria dai riformisti di Lutero, e in Scandinavia.

L'Inquisizione spagnola


         
                            


                    Ferdinando II d'Aragona                                                         Isabella di Castiglia







L'Inquisizione spagnola nacque nel 1478 per iniziativa di Ferdinando II d'Aragona e Isabella di Castiglia e fu ufficializzata da una bolla di Papa Sisto IV. A differenza dell'inquisizione medievale, qui gli Inquisitori dipendevano dalla corona spagnola e non dal Papa. Loro compito principale (almeno inizialmente) fu occuparsi degli Ebrei convertiti al cristianesimo, i cosiddetti conversos (appunto convertiti) o marrani. Dalla penisola iberica i tribunali dell'Inquisizione passarono ai possedimenti spagnoli nel mondo (Sicilia, Sardegna e poi Messico, Lima, Cartagena des Indias). Dato che gli Inquisitori potevano agire in tutti i territori dell'Impero, mentre i giudici ordinari dipendevano dai singoli stati e non potevano valicarli, i re spagnoli col tempo trasformarono l'apparato dell'Inquisizione in una specie di polizia segreta internazionale col compito di prevenire possibili colpi di stato.
All'interno di questa Inquisizione gli storici distinguono 4 momenti:

 Nascita (1478-1530): periodo di intensa attività e pene severe; obiettivo principale i conversos (gli ebrei convertiti), gli eretici e i focolai protestanti dell'Università di Alcalà de Henares e di Siviglia.

 Decadenza (1530-1640): eccetto una recrudescenza sotto il regno di Filippo II, questo periodo fu caratterizzato da una notevole diminuzione del numero di processi; obiettivo principale furono i nuovi convertiti al Cristianesimo e la censura dei libri; agli inquisitori fu anche chiesto di sorvegliare l'attività degli stranieri sospettati di crimini ideologici.

• 
Rinascita (1640-1660): le fonti testimoniano un aumento del numero di processi.

• 
Dissoluzione (1668-1820): in quest'ultimo periodo il tribunale si limitò a coartare la libertà di espressione e a impedire la propagazione di idee ritenute eccessivamente progressiste.

Nel 1820 fu abolita definitivamente, anche se qualche episodio continuò nei territori dominati dai carlisti. Dopo il 1834 non si hanno più notizie di processi inquisitoriali.





Papa Sisto V





Tomaso de Torquemada
(a capo dell'inquisizone Spagnola)


L'inquisizione portoghese

Nata nel 1536 su richiesta del re João III, nei primi tre anni di attività essa rimase sotto il controllo del papa, ma nel 1539 il re nominò inquisitore maggiore suo fratello don Enrique e  infine, nel 1547, il papa accettò ufficialmente che l'Inquisizione dipendesse dalla corona come accadeva in Spagna. Nel 1560 inquisitori portoghesi giunsero nella città indiana di Goa e nella restante parte dei possedimenti portoghesi in Asia. Obiettivo primario di questa Inquisizione asiatica erano i convertiti al cristianesimo dall'induismo. L'Inquisizione portoghese fu abolita dalle Corti Generali nel 1821.


L'Inquisizione romana (o Sant'uffizio)




Papa Paolo III


La "Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione" fu creata nel 1542 da papa Paolo III con la bolla Licet ab initio. Consisteva di un collegio permanente di cardinali e altri prelati dipendente direttamente dal papa: il suo compito esplicito era mantenere e difendere l'integrità della fede, esaminare e proscrivere gli errori e le false dottrine. A questo scopo fu anche creato l'Index librorum proibitorum. Il raggio d'azione degli inquisitori romani comprendeva tutta la Chiesa cattolica, ma la sua concreta attività, fatta eccezione per alcuni casi (come quello del cardinale inglese Reginald Pope), si restrinse quasi solo all'Italia. Tra i processi famosi celebrati da questo tribunale, quello a carico di Giordano Bruno e il processo a Galileo Galilei.


Delle Inquisizioni nate a partire dal Medioevo è l'unica ancora oggi esistente.
La caduta dello Stato Pontificio con l'unità d'Italia privò l'Inquisizione delle funzioni repressive prima delegate al braccio secolare, riducendola ad apparato puramente censorio, attento soprattutto a vietare la circolazione di prodotti culturali che l'apparato ecclesiastico considerava contrari alla propria etica.
Essa non è stata tuttavia abolita: la Romana e Universale Inquisizione fu rinominata in Sacra Congregazione del Sant'Uffizio il 29 giugno 1908 da Papa Pio X. Il 7 dicembre 1965 Papa Paolo VI ne cambiò il nome in Congregazione per la dottrina della fede ridefinendone i compiti.
Papa Giovanni Paolo II (che in un discorso dell'8 marzo 2000 ha chiesto perdono a nome della chiesa per i peccati dei suoi appartenenti anche riguardo all'Inquisizione) ne ha ridefinito i compiti - promuovere e tutelare la dottrina della fede e dei costumi cattolici - ponendovi a capo nel 1981 Joseph Alois Ratzinger, l'attuale papa Benedetto XVI.




Stemma di Papa Giovanni XXII 1316-1334




simbolo dell'inquisizione

Il codice inquisitorio

Il codice dell'Inquisizione deriva dall'editto imperiale di Teodosio ed i tribunali speciali sono stati istituiti da Gregorio IX. Incarcerazioni interminabili e confisca di beni per colui che era semplicemente incolpato, torture per ottenere confessioni, torture più orribili e più lunghe ancora in caso di ritrattazione, diminuzione della pena per coloro che denunciavano complici... Era soprattutto l'eresia ad essere perseguita, ma molto spesso gli eretici erano accusati di magie.
Nel 1260, una bolla di Alessandro IV stabilì i rapporti tra eresia e stregoneria e definì tutte le categorie dei sortilegi. I capi d'accusa erano di quindici specie:



Moneta coniata sotto Valentiniano II, rappresentante Valentiniano e Teodosio

1.  Rinnegano Dio;
2.  Lo bestemmiano;
3.  Adorano il diavolo;
4.  Gli consacrano i loro bambini;
5.  Spesso glieli sacrificano;
6.  Li consacrano a Satana nel ventre materno;
7.  Gli promettono di attirare al suo servizio tutti coloro che potranno;
8.  Giurano nel nome del demonio e se ne vantano;
9.  Non rispettano alcuna legge e commettono perfino incesto;
10.  Uccidono le persone, le fanno bollire e le mangiano;
11.  Si nutrono di carne umana ed anche di impiccati;
12.  Fanno morire la gente con veleni e sortilegi;
13.  Fanno crepare il bestiame;
14.  Fanno perire i frutti e causare la sterilità;
15.  Diventano in tutto schiavi del diavolo.

I sintomi medici sui quali si basavano i giudici dell'inquisizione per stabilire il crimine di stregoneria non lasciavano dubbi:
- Se la malattia è tale che i medici non possono né scoprirla né conoscerla.
- Se aumenta invece di diminuire nonostante che siano state tentate tutte le possibili cure.
- Se, sin dall'inizio, si presenta con sintomi e dolori violenti, contrariamente alle malattie comuni che aumentano poco a poco.
- Se è incostante e variabile da giorno a giorno, da ora ad ora, ed inoltre se ha parecchie cose diverse da quelle naturali, sebbene apparentemente si presenti simile a queste ultime.
- Se il paziente non può dire in quale parte del corpo sente il dolore, anche se è molto malato.
- Se emette sospiri tristi e pietosi senza alcuna causa legittima.
- Se perde l'appetito e vomita la carne mangiata; se ha lo stomaco contratto e chiuso o se gli sembra di averci dentro qualcosa di pesante.
- Se sente calori pungenti ed altri spasimi acuti nella regione del cuore, tanto che gli sembra che qualcosa lo roda e lo smembri a pezzi.
- Se è reso impotente al mestiere di Venere.
- Se suda leggermente, anche durante la notte, quando il tempo e l' aria sono molto freddi.
- Se si sente le membra e parti del corpo legate.
- Se si sente ebete e dice sciocchezze, oppure sia preso da malinconia. Se guarda storto. Se gli sembra di vedere qualche fantasma.
- Infine, se quando il prete, per guarirlo dal male, gli applica delle unzioni sugli occhi, sulle orecchie, sulla fronte o su altre parti del corpo, tali parti cominciano a far uscire sudore o mostrano qualche altro cambiamento.

Autodafé



autodafè, da una stampa del '600

Autodafé dell'Inquisizione iberica.L'autodafé o sermo generalis era una cerimonia pubblica, appartenuta in particolare alla tradizione dell'Inquisizione spagnola, in cui veniva eseguita la penitenza o condanna decretata dall'Inquisizione (per eresia o altri reati). Il nome deriva dal portoghese auto da fé, "atto di fede", ed era il cerimoniale giuridico più impressionante usato dall'Inquisizione.


Un autodafé prevedeva: una messa cattolica, preghiere, una processione pubblica dei colpevoli e la lettura della loro sentenza[1]. I condannati venivano trascinati in pubblico con i capelli rasati, vestiti con sacchi (sanbenitos) e berretti da somaro (corazos), o copricapi con la fenditura centrale. Le immagini riprodotte sulle vesti del reo indicavano la pena decretata: una croce di Sant'Andrea se si era pentito in tempo per evitare il supplizio, mezza croce se aveva subito un'ammenda, le fiamme se condannato a morte. Gli autodafé si svolgevano sulla pubblica piazza e duravano diverse ore: con la partecipazione di autorità ecclesiastiche e civili.
Il condannato che non aveva in alcun modo mostrato di pentirsi (poteva pentirsi in extremis, ossia davanti al rogo, soltanto chi non fosse recidivo e a condizione di denunciare i propri complici), veniva bruciato sul rogo, anche se spesso veniva strangolato prima che venisse appiccato il fuoco. A chi si presentava spontaneamente a confessare venivano inflitte pene inferiori, come pellegrinaggi, ammende pecuniarie, pubblica fustigazione o il recare croci cucite sui vestiti. Ai falsi accusatori veniva imposto di cucire sugli abiti due lingue di panno rosso. Nei casi gravi la pena era la confisca dei beni o il carcere, la più severa che gli inquisitori potessero comminare. La condanna a morte poteva essere eseguita solo dall'autorità civile, a cui il condannato veniva consegnato, e poteva essere eseguita sul rogo.

Il primo autodafé di cui si ha notizia si svolse a Parigi nel 1242, durante il regno di Luigi IX (Stavans 2005:xxxiv).


La maggior parte di questi cerimoniali fu officiata nella Penisola Iberica. La tradizione fu inaugurata dal grande inquisitore Tomás de Torquemada nel 1481 a Siviglia (sei degli uomini e donne che presero parte a questo primo rituale religioso vennero in seguito giustiziati), e fu mantenuta fino al XVIII secolo. In questo periodo, più di 340.000 persone subirono questa condanna, e 32.000 furono arse al rogo.[citazione necessaria] L'ultimo autodafé pubblico dell'Inquisizione di Spagna risale al 1691. Nel periodo della Riforma cattolica tale usanza fu adottata sull'esempio spagnolo anche dal Sant'Uffizio romano dell'Inquisizione generale.

L'Inquisizione in Portogallo godette di poteri limitati, essendo stata istituita nel 1536 ed essendo durata ufficialmente fino al 1821, anche se la sua influenza fu molto indebolita con il governo del Marchese di Pombal, nella seconda metà del XVIII secolo. Gli autodafé si svolsero anche in Messico, Brasile e Perù: storici contemporanei dei Conquistadores, come Bernal Díaz del Castillo li registrarono. Si svolsero anche nella colonia portoghese di Goa, in India, a seguito dell'istituzione dell'Inquisizione in tale luogo nel 1562-1563.


Rappresentazioni artistiche dell'autodafé ritraggono solitamente la tortura e l'esecuzione sul rogo. Comunque, questo tipo di attività non ebbero mai luogo durante un autodafé, che era in sostanza un atto religioso. La tortura non veniva amministrata dopo la conclusione di un processo, e le esecuzioni erano sempre portate a termine successivamente e separatamente dall'autodafé (Kamen 1997: 192-213).



Tribunale inquisitorio

Gli inquisitori passati alla storia

Bernardo Guy 1260-1331
"La sofferenza induce a riflettere" B. Guy
Nato nel 1260 fu l'autore del "Pratica inquisitionis hereticae pravitatis" dove raccoglie la sua conoscenza sulle eresie e sulla Stregoneria, Bernardo Guy fu un attivo domenicano. Insegnante di teologia e priore di svariate comunità fu nominato inquisitore dal papa Clemente V. E' probabilmente uno dei più famosi artefici della caccia all'eresie anche grazie al recente testo di U. Eco "Il nome della rosa". Morì nel 1331.

"La finalità del processo e della condanna a morte non è salvare l'anima dell'accusato, ma mantenere il bene del pubblico e terrorizzare il popolo" Francisco de la Pena


Nicolau Eymerich 1320-1399
Frate domenicano nato nel 1320 e vissuto a Roma fino al 1378 quando si schierò al fianco dell'antipapa Clemente VII. Morì nel 1399. Diventato inquisitore nel '57 operò con diligenza la pulizia dai valdesi in particolare e scrisse il "Directorium inquisitorum" un manuale poi rivisto e ampliato da F. de la Pena, e fu ristampato ben cinque volte in trent'anni.

Nicolas Jacquier primi 1400-fine 1400
Nato nei primi del 1400 fu per la maggior parte della sua vita inquisitore. A differenza di altri sostenne con determinazione che gli adepti del male prendevano beneficio di poteri oscuri tramite un patto reale e non illusorio. Inoltre tendeva a coinvolgere i sacerdoti nella lotta, infatti con la pratica evangelica era possibile debellare il male che si andava diffondendo. Morì alla fine del 1400 dopo aver scritto il trattato di demonologia "Flagellum haereticorum fascinariorum".

Jean Vineti
Inquisitore per tutta la sua vita liberò Parigi e Carcassone dal male dell'eresia nello stesso periodo di Jacquier. Il suo trattato "Tractatus contra daemonum invocatores" è stranamente privo di ogni forma di metodi pratici per procedere alla distruzione delle streghe, si tratta infatti principalmente di un'opera teorica che mira a dimostrare teologicamente l'esistenza della Stregoneria.

Tomàs de Torquemada 1420-1498
Nato nel 1420 ebbe una florida carriera nell'inquisizione spagnola appoggiato dagli imperatori Isabella e Ferdinando d'Aragona. Divenne presto inquisitore generale di Spagna e durante quindici anni operò una media di venti processi giornalieri arrivando ad una stima di circa 100.000 processi. Fu considerato uno dei più spietati personaggi del suo periodo e alleato politico degli imperatori che tramite lui si liberavano delle figure scomode. Morì nel 1498 compianto da chi affermava che si era voluto creare su di lui una "macabra leggenda".

Jakob Sprenger e Heinrich Kramer 1436-1495 / 1430-1505
I più famosi inquisitori storici in assoluto. Assieme scrissero il più grande "best seller" del passato: il Malleus Maleficarum che ebbe ben trentaquattro ristampe e circolò il oltre trentacinquemila copie. Un caso più unico che raro nella storia della cultura dell'epoca priva degli attuali mezzi di stampa e portata avanti da pazienti scrivani. Sprenger nacque nel 1436 e fu un sostenitore della riforma domenicana, fu nominato inquisitore da Sisto IV e confermato tale anche da Innocenzo VIII. Operò in Colonia, Treviri, Magonza e Renania e morì nel 1495. Kramer nacque nel 1430 e fu acerrimo nemico della Stregoneria da sempre e operò soprattutto in Germania con una tale crudeltà da costringere il vescovo di Bressanone a intervenire nel 1486. Morì nel 1505.

Bartolomeo Spina 1474-1546
Inquisitore nostrano nacque nel 1474 e lavorò soprattutto a Modena e Ferrara. Fu un sostenitore della realtà della Stregoneria anche nelle sue manifestazioni che dichiarò essere concretamente legate ai fenomeni oggettivi. Morì nel 1546.

Jean Bodin 1529- ?
Nato nel 1529 si trovò di fronte ad un panorama diverso da quello dei suoi predecessori, all'epoca la situazione iniziava a raffreddarsi anche grazie alle opere di Johann Weyer (1515-1588) che affermava l'irrealtà dei fatti descritti dalle streghe (vedi "Avvocati). Bodin arrivò ad accusare lo stesso Weyer di eresia e di essere un adepto di satana, quindi si procurò di scrivere il "De Magorum Demonomania" che riaccese di molto le persecuzioni. Giudice laico descrisse le streghe come figure reali contrapponendosi sulla bilancia dei lettori dell'epoca a Weyer.

Eliseo Masini  fine 1500, primi 1600
Vissuto fra la fine del 1500 e l'inizio del 1600 fu inquisitore di Mantova, Ancona e Genova. Fu autore di un manuale pratico dell'inquisitore, il "Sacro Arsenale ovvero pratica dell'ufficio della S.Inquisizione, che ebbe un notevole successo arrivando a dodici pubblicazioni tra il 1621 e il 1730.

Matthew Hopkins   prima metà del 1600
Vissuto nella prima metà del 1600 fu un avvocato che si dedicò alla caccia alle streghe nell'Essex. Al suo primo processo, convinto che un gruppo di imputate gli avessero mandato un demone a tentare di ucciderlo, ne condannò oltre una trentina. In tre anni condannò a morte oltre duecento donne, non aveva molta considerazione neppure dei preti, come nel caso di J. Lowe, e amava usare torture non cruente ma estenuanti quali camminare fino alla confessione senza potersi fermare anche per giorni.





Due casi famosi (e complessi)

Parlando di Inquisizione, si fa spesso riferimento a due vicende che hanno calamitato e continuano a calamitare l'attenzione di larghi strati dell'opinione pubblica: di esse si fa in questa sede qualche cenno.

La caccia alle streghe



Un capitolo a parte nella storia del tribunale dell'Inquisizione è rappresentato dalla cosiddetta «caccia alle streghe»: l'Inquisizione, come sì è detto, era nata per riportare gli eretici nel solco della «vera fede» e fu solo con papa Giovanni XXII (1316-1334) che la competenza degli inquisitori venne estesa alle persone sospettate di compiere atti di stregoneria.
 




Bilancia

Due inquisitori domenicani, inviati del papa Innocenzo VIII in Germania, Heinrich Institor (Krämer) e Jakob Sprenger per venire incontro alle richieste dei loro colleghi approntarono un manuale che conteneva tutte le informazioni utili per riconoscere, interrogare e punire streghe e stregoni. L'opera, pubblicata a Strasburgo nell'inverno tra il 1486 e il 1487 aveva un titolo altisonante Malleus maleficarum (Il martello delle malefiche) e, dato per noi significativo, fu un vero best seller, ristampato per ben 34 volte fino al 1669 senza mai lamentare una diminuzione nella richiesta da parte del pubblico e arrivando a una tiratura, per quei tempi assolutamente eccezionale, di 35.000 copie.
Molti studiosi hanno affrontato l'argomento e hanno discusso, nel tentativo di determinare delle stime accettabili e condivise sul numero delle vittime della caccia alle "streghe" durante i due secoli in cui sia i tribunali dell'Inquisizione che quelli della Riforma le condussero al rogo. Le cifre che si ipotizzano in ordine alle vittime della persecuzione vanno considerate come ordini di grandezza e spesso sono oggettivamente influenzate dalle opinioni e dalle collocazioni culturali degli autori che le hanno determinate: le ipotesi minime parlano di circa 110.000 processi e 60.000 esecuzioni, mentre a risultati notevolmente inferiori si collocano pochi autori (per misurare l'incidenza del numero delle vittime bisognerebbe poi raffrontarla con la popolazione europea di quei tempi). Le vittime furono per l'80% donne.


Il processo a



Goya - Galileo sotto l'inquisizione.

Dopo anni di osservazioni e studi Galilei credette di avere trovato la prova inconfutabile della teoria copernicana e su di essa imperniò la sua opera più nota: Dialogo sopra i Massimi Sistemi. Fu il papa Urbano VIII (al secolo cardinale Maffeo Barberini), di idee progressiste che, appena eletto al soglio pontificio l'aveva voluto ospite a Roma per discutere di astronomia, che propose di modificare il titolo dell'opera (Galilei pensava a "Delle maree") in Dialogo sopra i due massimi sistemi così da far capire al pubblico largo come quella copernicana fosse solo una mera ipotesi. Nonostante la pubblicazione del libro fosse stata autorizzata dai preposti Organi censori, a seguito dell'uscita dell'opera e del grande successo dalla stessa riscosso, il 28 settembre 1632 il Sant'Uffizio emette la citazione di comparizione di

Galileo a Roma.

Galileo arrivò a Roma il 13 febbraio e fu ospitato dall'ambasciatore Niccolini, a Villa Medici. Per due mesi non ebbe notizie dagli inquisitori e in quelle more l'ambasciatore cercò di ottenere che Galileo, sofferente di artrite, potesse, anche durante il processo, rimanere presso l'ambasciata toscana, ma non gli venne concesso: dovette rimanere carcerato, anche se trattato con riguardo, nel Palazzo del Sant'Uffizio, dove il 12 aprile si presentò per la prima volta davanti all'inquisitore Vincenzo Maculano. Inoltre, in una riunione riservata tenuta il 16 giugno dagli inquisitori in presenza del papa, si decise di utilizzare anche la tortura pur di far confessare Galileo, anche se non vi sono riscontri sul fatto che nei suoi confronti si sia andati oltre la minaccia.
La condanna di Galilei era scontata ed aveva un indubbio valore dimostrativo.

La condanna

Dal testo ufficiale della sentenza di condanna contro Galilei si legge che, in quanto riconosciuto colpevole di eresia, potrà essere assolto dal sant'Uffizio «pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li sudetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma da noi ti sarà data. E acciocché questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell'avvenire e essempio all'altri che si astenghino da simili delitti. Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de' Dialoghi di Galileo Galilei. Ti condaniamo al carcere formale in questo S.o Off.o ad arbitrio nostro; e per penitenze salutari t'imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta la settimana li sette Salmi penitenziali: riservando a noi facoltà di moderare, mutare o levar in tutto o parte, le sodette pene e penitenze».

Riflessioni di ordine storico

I metodi "legittimi" dell'Inquisizione

Nel diritto premoderno la tortura era normalmente ammessa, basti pensare che ancora nel Settecento illuminista Pietro Verri (uno dei fondatori del primo giornale italiano, Il Caffè), nel suo trattato Sulla tortura tentava di dimostrare la disumanità di una pratica allora ancora largamente diffusa nei tribunali di tutta Europa, e qualche anno più tardi Alessandro Manzoni inserirà alla fine dei Promessi sposi la Storia della colonna infame, un breve saggio da cui, nelle intenzioni dell'autore, si doveva evincere in maniera chiara l'insensatezza di uno strumento di accertamento come la tortura.
In pieno XIII secolo, pertanto, i Tribunali dell'Inquisizione, sul modello dei contemporanei tribunali civili, potevano ricorrere alla tortura e la cosa non scandalizzava nessuno. Sarà con personaggi illuminati come Bernard de Guy che si cominceranno a porre limiti a una tale pratica, tant'è che, facendo riferimento alla mentalità allora dominante, si parla addirittura di "legittimi" metodi dell'Inquisizione.




eretici al rogo

Poteri dell'Inquisizione e suoi rapporti col potere laico

Se, nel corso di un processo contro un eretico, l'inquisito (il termine moderno deriva proprio dall'uso medievale) accettava subito di ritrattare poteva - di norma - non subire alcuna grave conseguenza: l'indagato confessava la propria colpa (vera o presunta) gli si faceva dichiarare pubblicamente il proprio errore, la volontà di non ripeterlo per il futuro e l'impegno a denunciare al Santo Uffizio eventuali eresie di cui fosse venuto a conoscenza (la cosiddetta abiura).
In caso contrario l'ufficiale inquisitore minacciava la tortura e, di fronte a un ulteriore diniego, procedeva alle vie di fatto.
Se l'imputato, nonostante tutto, persisteva, allora il Tribunale dichiarava la propria incapacità a ricondurre l'eretico dentro i confini della Chiesa e lo affidava al tribunale civile che ne aveva la giurisdizione (si tenga presente che il diritto medievale non distingueva fra reato e peccato): ciò in quanto il Tribunale dell'Inquisizione non ebbe mai il potere di eseguire direttamente condanne a morte né al carcere, e quest'onere era rimesso al "braccio secolare".
Tale situazione creò un rapporto di reciproco compromesso per cui la Chiesa aveva bisogno del potere civile per eseguire le condanne corporali (non per nulla si cominciò a parlare, appunto, di braccio secolare) e il potere politico, spesso, utilizzò la copertura dei Tribunali dell'Inquisizione per dare una veste di legittimità ideale alle proprie campagne repressive.




Breve storia dei processi di Triora (GE)
Anno 1587. 
(essendo il fenomeno nato nel medioevo, ma proseguito ben oltre, ci sembra opportuno, per una visione più completa, proseguire fino alla fine, sforando il tema medievale che ci siamo prefissi).


Dopo un lungo periodo di carestia, che aveva stremato uomini e animali, verso il finire dell’estate, la popolazione di Triora inizio’ a sospettare che la causa delle loro tribolazioni non fosse propriamente naturale.
La conclusione di queste congetture fu l’addossare la cagione della carestia a qualcuno di malefico, dotato di poteri occulti… streghe insomma.
Cosi’, in una riunione, fu decretato di chiedere assistenza alle autorita’ competenti per scovare ed eliminare la fonte dei guai. Il podesta’ di Triora, un certo Carrega, fece quindi convocare due vicari perche’ si occupassero della faccenda.
Uno di questi, Girolamo dal Pozzo, prima di iniziare le indagini, tenne un lungo e feroce sermone in chiesa: senza mezzi termini, allerto’ la popolazione su tutte le pratiche e i malefici che potevano compiere le streghe sotto il dominio del maligno, alimentando oltre ogni limite il gia’ presente scontento dei trioresi, insieme ai motivi di sospetto verso chiunque potesse accennare comportamenti “anomali” (o fosse semplicemente antipatico - n.d.a).
A quel punto iniziarono a fioccare le denunce…
Le sospette streghe, una ventina, tra cui quattro ragazze ed un fanciullo, vennero arrestate e rinchiuse per essere interrogate.
Durante questi interrogatori, in perfetto stile inquisitoriale, dove si fece uso di varie torture piu’ o meno raffinate, saltarono fuori altri nomi di presunte colpevoli, alcune delle quali appartenenti a famiglie facoltose o nobili.
Questo fatto, unito alla durezza (crudelta’) dei metodi del vicario, porto’ la gente di Triora ad innervosirsi… e a nutrire un certo timore e dubbio nei confronti della faccenda.
Due delle “colpevoli” erano tra l’altro morte: una, Isotta Stella, a causa dei patimenti della tortura, l’altra nel tentativo di sottrarvisi gettandosi da una finestra… mentre la lista delle “indagate” andava ad aumentare.
A questo punto, il 13 gennaio 1588, il consiglio degli Anziani, composto dalle famiglie piu’ importanti della zona, scrisse ed invio’ una lettera di protesta al doge di Genova.
In essa denunciavano il comportamento del vicario, giudicato eccessivo, severo e sommario, in quanto tratteneva anche donne arrestate sulla base di prove assolutamente indiziarie e che non avevano confessato alcun crimine; senza contare che aveva puntato il dito verso appartenenti a famiglie (nobili e ricche) al di sopra di qualsiasi sospetto.
Il doge e il consiglio di Genova, calcolando anche l’influenza economica di chi aveva scritto la missiva, passarono il problema al vescovo di Albenga, che si mise in contatto con Girolamo dal Pozzo, il vicario accusato. 
Questi, tramite il vescovo, rispose per scritto che era assolutamente estraneo alle accuse, che la donna che si era gettata dalla finestra lo aveva fatto non per paura ma bensi’ perche’ istigata dal diavolo, e che in effetti il numero delle trattenute non ancora riconosciute colpevoli non era poi tanto alto quanto affermato.
Insomma, stava facendo solo il suo dovere.
Ad ogni modo, visto che l’uomo aveva rinunciato a perseguire le donne della nobilta’ locale, e visto il cambiamento di atteggiamento, il consiglio degli Anziani si tranquillizzo’, ritenendosi soddisfatto.
Il podesta’ Carrega, associandosi all’umore del consiglio, scrisse addirittura una lettera al governo genovese in cui difendeva l’operato dei vicari (che tra l’altro erano partiti da Triora a meta’ gennaio circa, lasciando in carcere tutte le imputate), assolvendoli dalle accuse di aver provocato la morte di Isotta Stella e dell’altra donna.
A febbraio pero’ ci fu un altro scambio di lettere. La situazione stava allungandosi in maniera indecorosa, cosi' da Triora si chiese a gran voce che il governo di Genova procedesse alla revisione dei processi, dichiarando una volta per tutte chi fosse colpevole e liberando le innocenti.
Fu allora inviato a Triora l’inquisitore Capo, che vi giunse ai primi di maggio (per le incarcerate erano passati 5 mesi dal momento dell’arresto! - n.d.a).
L’inquisitore interrogo’ tutte le detenute, e tutte tranne una negarono ogni accusa e ogni confessione fatta ai due vicari.
La decisione fu di continuare a trattenerle tutte in prigione, a parte una ragazza di 13 anni che dovette poi abiurare in chiesa nel corso di una solenne funzione.



Il problema pero’ non era ancora risolto, e in giugno (8 giugno per le cronache) arrivo’ a Triora tal Giulio Scribani, un commissario straordinario designato dal governo genovese per far luce sui processi alle streghe.
Alcuni giorni piu’ tardi, il nuovo podesta’ di Triora ricevette ordine dal padre inquisitore genovese di trasferire a Genova le tredici streghe per la revisione del processo. 
Le donne vi giunsero il 27 giugno, mentre a Triora il commissario straordinario procedeva a nuovi arresti e nuovi interrogatori con torture, attirandosi le lamentele dei paesani come era successo la prima volta con Girolamo dal Pozzo.
Scribani dal suo arrivo non era certo rimasto con le mani in mano, intentando processi e lanciando accuse contro decine di donne, anche dei paesi vicini, come Castelfranco, Porto Maurizio, Sanremo, Montalto Ligure e Andagna. Proprio tre sorelle di questo paese, Battistina, Bianchina e Antonina Vivaldi-Scarella, confessarono, apparentemente senza ricevere pressioni, delitti infami come l’infanticidio e altro. Denunciarono inoltre una donna, Franchetta Borelli, che fu sottoposta a lungo (piu' di venti ore filate) alla tortura del cavalletto, senza mai confessare alcun crimine.
Verso la fine di Luglio, il commissario Scribani invio’ a Genova i verbali delle proprie indagini, accompagnandoli con la richiesta della pena di morte per quattro donne di Andagna.
La documentazione fu esaminata dal consultore Serafino Petrozzi, che respinse tutto: mancando prove certe e inconfutabili non era possibile procedere all’esecuzione delle condanne. Tra l'altro fu anche implicitamente rimproverata a Scribani una certa inefficienza, dato che non riusciva a cavare la verita' dalle accusate (come Franchetta Borelli) sotto tortura...
Comunque a quel punto il governo genovese sollecito’ Scribani a dimostrare con prove tangibili le accuse da lui avanzate, e i delitti commessi dalle streghe.
Questi rispose che cio’ era impossibile, essendo molti delitti avvenuti in tempi remoti o fuori della repubblica genovese. Ma per quelli di Andagna le prove c’erano ed erano sufficienti a procedere.
Nonostante questo, il processo alle quattro donne si rifece da capo, concludendosi comunque nuovamente con la condanna a morte.
E nuovamente si revisiono’ il processo. 
Vennero incaricati altri due commissari, i cui risultati produssero, oltre la conferma della condanna, la stessa applicazione per altre due streghe, Peirina Bianchi e Gentile Moro, una di Badalucco e l’altra di Castelfranco. 
Il senato Genovese diede la sua approvazione, con la raccomandazione (unita ad una lettera al vescovo di Albenga) che prima dell’esecuzione le streghe si riconciliassero con la chiesa.
Ma a questo punto il Padre inquisitore di Genova ordino’ la sospensione del procedimento, accusando l’autorita’ genovese di sconfinamento in territorio giuridico ecclesiastico: le condanne le poteva emettere solo la chiesa, dopo un proprio processo.
Il governo di Genova decise quindi di rimettersi alla decisione della chiesa e della Santa Inquisizione (e si era ormai arrivati a fine settembre! - n.d.a).
Quattro delle streghe, piu’ una nuova accusata, furono mandate a genova, insieme alle lamentele di Scribani riferite alla delusione dei trioresi per le mancate esecuzioni.
Gli incartamenti dei processi furono invece inviati a Roma, al Sant’Uffizio, dove rimasero senza che venisse emessa definitiva sentenza fino al maggio dell’anno successivo ( e dopo varie lettere del governo di Genova perche’ si raggiungesse una conclusione).
Nel frattempo (passato piu’ di un anno dall’inizio della vicenda! - n.d.a) delle prime tredici inviate da Triora alle carceri di Genova, tre erano morte (delle altre le cronache non tramandarono piu' nulla, quindi non si sa se fossero morte anche loro o rimandate al loro paese), come anche due delle ultime donne condannate a morte.
Sette donne (incluse Isotta Stella morta sotto tortura e l'altra donna gettatasi dalla finestra a Triora) erano morte, e le accuse erano ancora nel dubbio…
Il risultato finale fu l’invalidazione delle condanne da parte della chiesa, probabilmente anche (o forse piu’ che altro) per l’ingerenza del governo genovese in faccende ecclesiastiche, a tal punto che venne aperta un’inchiesta sulla legittimita’ dell’operato del commissario Scribani, poi pienamente assolto con la condizione di pubblica ammenda alla curia di Genova.
Le ultime tre streghe rimaste nel carcere di genova furono poi forse assolte (non si sa nulla di certo in merito) e liberate in base alle decisioni del sant’uffizio romano.


Conclusioni



Questa e’ la storia del processo alle streghe di Triora: durato piu’ di un anno, decine e decine di accusate, uso libero della tortura e del supplizio, rimpalli e rimpasti tra gli accusatori, la chiesa e il governo… sette vittime accertate “d’incidenti di percorso” e un numero di donne di cui la storia non tramanda il destino.




Inquisizione oggi
Dagli atti del simposio internazionale "L'inquisizione", tutti i dati sui processi 


Stemma vaticano

Scritto da ag. Corrispondenza romana (Corrispondenza romana 861/03 del 19.06.04)



Il 15 giugno 1998, nella Sala Stampa Vaticana è stato presentato il volume "L'Inquisizione", Atti del Simposio Internazionale, promosso dalla Commissione teologico-storica del Comitato Centrale del Grande Giubileo dell'Anno 2000. Nell'occasione, il prof. Agostino Borromeo, curatore del libro, ha tracciato una breve storia dell'Inquisizione. "Con il termine Inquisizione, - ha spiegato Borromeo - si suole designare un complesso di tribunali ecclesiastici, il cui titolare, in base ad espressa delega papale, era investito della giurisdizione riguardante uno specifico delitto, il delitto di eresia".
"Durante il pontificato di Gregorio XI (1227-1241) cominciano ad agire speciali commissari (inquisitores) delegati dalla Sede Apostolica con il compito di combattere l'eresia in determinate regioni. Progressivamente, con il trascorrere del tempo, il papato dotò questa istituzione di una propria organizzazione, una propria burocrazia e una propria normativa (specialmente in materia di procedure processuali)".
L'Inquisizione, particolarmente attiva nei secoli XIII e XIV nel combattere i movimenti ereticali medievali (soprattutto catari e valdesi), conobbe una fase di declino nel secolo XV, registrando una rilevante ripresa della sua attività nel XVI e nel XVII secolo con la fondazione dei nuovi tribunali della penisola iberica (la cui azione fu principalmente rivolta contro i falsi convertiti dal giudaismo e dall'islamismo) e la creazione del Sant'Ufficio romano, concepito inizialmente come strumento per la lotta contro la diffusione del protestantesimo. I tribunali finiranno con l'essere soppressi tra la seconda metà del XVIII secolo e i primi decenni del XIX secolo sotto la spinta delle idee illuministiche e coll'affermarsi dell'ideologia liberale, mentre continuerà a sopravvivere la Congregazione romana del Sant'Ufficio fino alla radicale riforma operata da Paolo VI nel 1965, che ne muterà il nome in quello odierno di Congregazione per la Dottrina della Fede.
Su 100.000 processi effettuati da tribunali civili ed ecclesiastici secondo la procedura dell'Inquisizione, "le condanne al rogo comminate da tribunali ecclesiastici sono state 4 in Portogallo, 59 in Spagna, 36 in Italia, in tutto, quindi, meno di 100 casi", ha precisato il prof. Borromeo. Ciò sfata la leggenda nera sull'Inquisizione, creata ad arte dalla propaganda anticattolica. Prendendo spunto da quanto affermato dal prof. Borromeo, il Card. Georges Cottier, Pro-Teologo della Casa Pontificia, ha detto che "una domanda di perdono che la Chiesa deve fare a riguardo dei propri errori del passato, non può riguardare che fatti veri e obbiettivamente riconosciuti. Non si chiede cioè perdono per alcune immagini diffuse all'opinione pubblica, che hanno più del mito che della realtà". "La Chiesa" ha continuato il Card. Cottier "non vuole domandare perdono in maniera disordinata, ma con la conoscenza effettiva di ciò che è successo, anche perché la verità non può far paura".
[...] "Ormai gli storici - ha affermato il relatore [Agostino Borromeo, curatore del volume su "L'inquisizione", presentato oggi in Vaticano] - non usano più il tema dell'Inquisizione come strumento per difendere o attaccare la Chiesa", perché a differenza di quanto in passato "il dibattito si è spostato sul piano storico, con statistiche serie", anche grazie al "grosso passo avanti" rappresentato dall'apertura degli archivi segreti dell'ex Congregazione del Sant'Uffizio, voluta dal Papa nel 1998.
"Oggi è possibile fare la storia dell'Inquisizione prescindendo dai luoghi comuni perpetrati fino all'Ottocento", ha puntualizzato lo studioso. Interrogato dai giornalisti sulla "caccia alle streghe", Borromeo ha citato, in particolare, l'attività dell'Inquisizione spagnola, che su 125.000 processi ha mandato al rogo 59 "streghe"; 36 ne sono state bruciate in Italia, 4 in Portogallo.
"Se si sommano questi dati - ha commentato - non arriviamo neanche ad un centinaio di casi, contro i 50.000 di persone condannate al rogo, in prevalenza dai tribunali civili, su un totale di 100.000 processi (civili ed ecclesiastici) celebrati in tutta Europa nell'età moderna".
Analogo discorso per la pena di morte: sui 44.674 processi celebrati dall'Inquisizione spagnola tra il 1540 e il 1700, si legge nel volume, i condannati a rogo ammontano all'1,8%, cui va aggiunto un altro 1,7% di condannati a morte in contumacia (veniva bruciato un manichino con il nome e cognome della persona che si era data alla fuga). Per quanto riguarda, invece l'Italia, il tribunale dell'Inquisizione di Aquileia-Concordia (nella diocesi di Udine), tra i primi 1.000 processi istruiti, i condannati a morte sono stati solo 5 (lo 0,5%). Numeri più "alti", invece, per l'Inquisizione portoghese: tra il 1540 e il 1629 su 13.255 processi, le condanne a morte costituirono il 5,7%, anche se negli anni successivi l'attività repressiva è calata progressivamente.




(fiori rari)
rosaprimula



LE STREGHE



strega a cavallo di una scopa

"Natura le ha fatte streghe". E' il genio proprio della Donna, e il suo temperamento. Nasce Fata. Per il normale ricorso all'esaltazione, è Sibilla. Per l'amore è Maga. Per acume, malizia (capricciosa spesso e benefica), è Strega, e dà la sorte, almeno lenisce, inganna i mali. […] Semplice e commovente inizio di religioni e scienze. Più avanti tutto si separa; vedremo sorgere lo specialista, ciarlatano, astrologo o profeta, negromante, prete, medico. Ma in principio, la Donna è tutto.
Jules Michelet, La strega



la maga Circe

Strega etimologicamente deriva da stryx, strige, uccello notturno, che si riteneva succhiasse il sangue dei bambini nella culla e istillasse nelle loro labbra il proprio latte avvelenato. Era ritenuto una specie di arpia, di vampiro; tale nome ricorre in Plauto, Ovidio e Plinio. Per tali caratteristiche il nome strega ha indicato le donne credute responsabili di aborti ed infanticidi.
Demoni femminili sono presenti nella cultura classica, come scrive Girolamo Tartarotti: "il moderno congresso notturno delle Streghe altro non è che un impasto della Lilith degli Ebrei, della Lamia e delle Gellone de' Greci, delle Strigi, Saghe e Volatiche de' Latini".





trionfo di Bacco e Arianna

A tali leggende, Tartarotti affianca anche quella medioevale della brigata notturna, scorta di Diana o Erodiade. L'antichissima divinità italica, protettrice della plebs romana, è chiamata da Cicerone dea della caccia, della luna e degli incantesimi notturni; Orazio parla dei tria virginis ora Dianae (i tre volti della vergine Diana) o di Diana triformis (Diana triforme); Virgilio conferma tale aspetto quando parla della dea che è Luna in cielo, Diana in terra, Ecate nel mondo infernale.
"Gioco di Diana" è definito, in molti testi, il corteo di streghe, stregoni e spiriti infernali di cui si aveva notizia attraverso le deposizioni delle imputate di stregoneria. Diana è chiamata nei processi "Signora del gioco", dove "gioco" traduce il latino ludus, nel significato di "luogo dove s'impara" o anche di "passatempo dilettevole", dal momento che in queste riunioni si ballava e si cantava.




Diana cacciatrice


La strega è una figura letteraria, confezionata già in età classica, ma soprattutto moderna, con caratteristiche andate progressivamente perfezionandosi e configurate in un repertorio ben consolidato, grazie agli scritti di esponenti della cultura clericale dal Medioevo in poi, i quali, attraverso un lungo processo, ne selezionarono gli aspetti discriminanti, utilizzando materiale della provenienza più varia: racconti popolari, superstizioni locali, mitologia classica, ebraica, nordica; inchieste giudiziarie, verbali di processi, fino alla codificazione, sistematica ed accreditata dall'autorevolezza degli scrittori, della figura della strega secondo una tipologia precisa.
"La vecchia Maga, la Veggente celtica e germanica non sono ancora la vera Strega. Le innocenti Sabasie (da Bacco Sabasio), piccolo Sabba campestre che continuò nel Medioevo, niente hanno a che fare con la Messa nera del Quattordicesimo secolo, la grande solenne sfida a Gesù. Queste creazioni terribili non hanno proceduto sul lungo filo della tradizione. Uscirono dall'orrore del tempo.




omaggio osceno

A quando risale la strega? Rispondo senza esitare: 'Ai tempi negati alla speranza', alla profonda disperazione prodotta dal mondo della Chiesa. Senza esitare dichiaro: 'La Strega è il suo delitto'."
Alla costruzione del personaggio della strega, e alla cronologia morale della stregoneria, concorrono vari elementi: la componente culturale classica che parte da un culto di Diana - Ecate - Iside , divinità femminili che avevano anche aspetti inquietanti per il loro rapporto con la magia; la componente culturale popolare che Margaret Murray genericamente chiama "culto di Diana", sopravvivenza degli antichi culti precristiani della fertilità, ravvisabile in ogni cultura agricola; la componente culturale clericale che elabora i materiali folcloristi attribuendo ad essi un valore negativo.




diavolo costretto a reggere messale

Nella letteratura psicanalitica le streghe sono una proiezione dell'animo maschile, cioè dell'aspetto femminile primitivo che sussiste nell'inconscio dell'uomo. Le streghe materializzano questa ombra odiosa, di cui non possono liberarsi, e assumono al tempo stesso una potenza terribile. Per le donne, la strega è il capro espiatorio, sul quale trasferiscono gli elementi oscuri delle pulsioni. Ma tale proiezione è in realtà una partecipazione segreta alla natura immaginaria delle streghe. Finché le forze oscure dell'inconscio non assurgono alla chiarezza della conoscenza, la strega continua a vivere in noi. L'anima è spesso personificata da una strega o da una sacerdotessa, perché le donne hanno più legami con le forze oscure. La strega è l'antitesi dell'immagine idealizzata della donna.





trittico delle delizie


Tutte le culture hanno sviluppato strategie di superamento dell'alienazione e della sofferenza, specialmente femminile, ma raramente si va oltre la fuga. Per le streghe il rito magico è tecnica di liberazione dalle ingiustizie sociali, la scoperta di una nuova esistenza che nasce dalla consapevolezza di sé, dalla gioia di conoscere il corpo. La donna diventa strega quando svela il suo erotismo incomprensibile agli uomini.
Roland Barthes afferma che quando i rapporti sociali si basano sulla solidarietà le culture non hanno bisogno di creare emarginazione; al contrario le streghe e le "devianze" trionfano dove vi è una differenziazione tra i sessi, i ceti e le condizioni esistenziali. Le streghe rappresentano una funzione antiistituzionale che il potere utilizza per giustificare azioni repressive.




diavolo possessa femmine

La realtà della strega è dunque socialmente determinata. Si è streghe per effetto di relazioni specifiche, che collegano l'individuo all'ambiente fisico-mentale che lo circonda. Jules Michelet scrive che nel mondo medievale pieno di orrori, di ingiustizie e di arbitrarietà, la strega era un prodotto della disperazione del popolo, che trovò in essa l'unica personalità che potesse rimediare ai suoi mali fisici e morali.





l'unguento

"Ogni popolo ha il medesimo principio; lo vediamo dai viaggi. L'uomo caccia e lotta. La donna gioca d'ingegno, immagina, genera sogni e dei. Dei giorni è veggente: possiede le ali infinite del desiderio e del sogno. Per valutare i tempi, osserva il cielo. Ma alla terra non offre meno cuore. Gli occhi chini sui teneri fiori, giovane e fiore anch'essa, ne fa conoscenza personale. Donna, chiede loro di guarire che ama.[…]
Una religione potente e vitale, come il paganesimo greco, ha inizio dalla Sibilla, termine nella Strega. La prima, vergine bella, in pieno sole, lo cullò, gli diede incanto e aureola. Più tardi, decaduto, malato, nelle tenebre medievali, tra le lande e i boschi, la strega lo riparò, dalla sua coraggiosa pietà gli venne il nutrimento, di cui continuò a vivere. Ecco che, per le religioni, la
donna è madre, amorosa custode e nutrice fedele. Gli dei sono come gli uomini; le nascono e muoiono in grembo. Quanto la fedeltà le costa! Regine, magi di Persia, Circe maliarda, sublime Sibilla, che siete ormai? che barbara metamorfosi. Quella che, dal trono d'Oriente, insegnò le virtù delle piante e il cammino delle stelle che, al tripode di Delfi, splendida del dio di luce, porgeva oracoli al mondo prostrato, questa, mille anni più tardi, la si caccia come fosse una bestia selvaggia, è inseguita agli angoli delle strade, umiliata, straziata, lapidata, piegata sui carboni ardenti. […] La Sibilla predice la sorte, la Strega la fa. Ecco la grande, autentica differenza. Lei chiama, cospira, opera il destino. Non è l'antica Cassandra che tanto bene conosceva l'avvenire, lo lamentava, l'attendeva. Lei lo crea. Più di Circe, di Medea, possiede la verga del miracolo naturale, e per sostegno e sorella ha la natura. Tratti del Prometeo moderno son già suoi. Con lei ha inizio l'industria sovrana che guarisce, rinnova l'uomo."





processo dell'inquisizione

La Chiesa intuisce il pericolo: il nemico è lei, la sacerdotessa della natura. Con l'illuminismo della lucida follia, che, come scrive Michelet, nelle sue sfumature, è poesia, "raccatta tutti gli scarti": il cielo getta, ella raccoglie. Ad esempio, la Chiesa ha scartato la Natura come impura e sospetta. Ella la prende al volo, la coltiva e la sfrutta. "La Chiesa scarta un'altra cosetta, la Logica, la libera Ragione. Ghiotto boccone che l'Altro addenta con avidità. " Così iniziano le male scienze, la farmacia proibita dei veleni, e la maledetta anatomia. Unico dottore ammesso, Paracelso.




tre streghe (Machbet di Seakespare)


Il solo medico del popolo, per mille anni, è stata la strega. Le frontiere tra la scienza e la
magia passano soprattutto attraverso la coscienza morale. "Gli imperatori, i re, i papi, i baroni più ricchi avevano qualche dottore di Salerno, qualche Moro, qualche Ebreo, ma la gente di ogni condizione, e si può dire tutti, non consultava che la Saga o Saggia Donna. Se non guariva, la insultavano, le dicevano strega. Ma in genere, per rispetto e paura insieme, la chiamavano Buonadonna o Belladonna, dal nome che si dava alle fate. Le capitò quel che ancora capita alla sua pianta prediletta, la Belladonna, e ai benefici altri veleni che usava, antidoti dei grandi flagelli del Medioevo. Il bambino, il passante ignaro, maledice queste erbe grigie senza conoscerle. I loro colori ambigui lo colmano di terrore. Arretra, passa alla larga. Eppure non sono che "Consolanti" (Solanee), che amministrate con discrezione, hanno guarito spesso, calmato tanti mali."





notte di valpurga







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